Dal 1947 Storia e Arte della Valtellina
Il MVSA, la sua storia

Il MVSA, la sua storia

Istituito nell’anno 1947, il Museo Valtellinese di Storia e Arte deve la sua prima origine a un ristretto nucleo di studiosi che nel 1874 fondarono il Comitato Archeologico Provinciale, con il dichiarato scopo di “conoscere e conservare tutto ciò che in Provincia appartiene all’antiquaria, alle arti, alla storia patria”. Anche se il Comitato ebbe vita breve, tuttavia s’adoperò per raccogliere alcune significative testimonianze della storia e della cultura locale (monete, reperti litici, e metalli) che refluirono, per mancanza di spazi adeguati, nei locali della Civica Biblioteca.

In occasione del ripristino del Palazzo Pretorio, negli anni 1915-17 venne composto un abbozzo di museo, collocando nel cortile del palazzo e nella sala consiliare i pezzi più ragguardevoli, unitamente ad alcune nuove acquisizioni quali i resti dell’antica plebana e l’affresco della Madonna del latte proveniente da Casa Orsatti di Sondrio.

Consistente incremento dei fondi del museo si ebbe nel 1935 con la donazione da parte degli eredi del prof. Giuseppe Gianoli di un cospicuo nucleo di disegni dei pittori Ligari (Pietro, cesare, Vittoria e Angelo).

I Ligari si possono annoverare tra i pittori più conosciuti del Settecento: il Museo possiede oltre ottocento fogli tra incisioni, disegni e bozzetti a olio: inoltre libri maestri, lettere, inventari che permettono una ricostruzione molto precisa del “corpus” della loro opera in Valtellina e fuori provincia (Venezia, Milano, Como, Coira nei Grigioni). Numerose donazioni vennero ad incrementare successivamente le raccolte museali: dipinti, mobili antichi e stemmi dall’ing. Francesco Sassi de’ Lavizzari, un inedito ritratto di S. Ignazio di Loyola, datato 1543, dalla N.D. Giuseppina Guicciardi di Ponte in Valtellina.

Ulteriore arricchimento del patrimonio artistico del Museo venne dato dall’istituzione nell’anno 1963 di una Sezione del Museo Diocesano di Arte Sacra: giunsero in tal modo la preziosa croce romanica di Bema, vari oggetti liturgici tra cui un elaborato calice napoletano, datato 1692, inviato dagli emigrati di Ponchiera, un trittico ligneo con la Madonna in trono col Bambino e Santi da Monastero di Berbenno di Alvise De Donatis del 1513 e, sempre dalla bottega dei Donati, due sculture cinquecentesche di S. Lorenzo e S. Rocco provenienti da Fusine. Il materiale, raccolto grazie all’instancabile opera del primo conservatore del Museo, il Cav. Giovan Battista Gianoli, comprende anche una notevole collezione numismatica e una significativa scelta della produzione di artisti locali contemporanei. L’accrescersi delle collezioni, le nuove esigenze di spazi espositivi e di servizi implicate dalla mutata concezione del museo, non più civico ma del territorio, non solo luogo preposto alla conservazione degli oggetti, ma soggetto promotore di cultura, hanno imposto precise indicazioni sulla fisionomia che la nuova struttura museale doveva assumere.