Assassinio nella cattedrale
di Thomas Stearns Eliot
CON
Moni Ovadia
Marianella Bargilli
con Agostino Zumbo, Alice Ferlito, Viola Lucio, Rosario Minardi, Pietro Barbaro,
Giampaolo Romania, Giovanni Arezzo, Plinio Milazzo, Giuseppe Parisi
produzione Centro Teatrale Bresciano, Progetto Teatrando Catania
regia Guglielmo Ferro
Cattedrale di Canterbury, 2 dicembre 1170. Sono gli ultimi giorni dellArcivescovo Thomas Becket, di ritorno dalla sua permanenza in Francia durata sette anni. Il pericolo derivante dallaccrescimento del potere temporale della monarchia è largomento di discussione dei suoi sacerdoti al momento del suo arrivo e Becket stesso, giunto nella Cattedrale, esprime con rassegnazione la consapevolezza di andare incontro
al martirio.
Nellinterludio tra I e II atto, che corrisponde temporalmente alla mattina di Natale, Becket tiene un lungo sermone sul tema, con allusioni alla morte che sente oramai imminente. Nella seconda parte del dramma, che si apre nel giorno 29 dicembre 1170, infatti, quattro cavalieri del re si recano dallArcivescovo e lo accusano di tradimento, suggerendogli di fuggire. Becket rifiuta e ribadisce di essere disposto a morire. Il dramma termina con i quattro cavalieri che tornano una seconda volta nella cattedrale e uccidono lArcivescovo, affermando la necessità di quellazione per impedire alla Chiesa di minare la stabilità del potere dello Stato.
Note di regia di Guglielmo Ferro
Mai come oggi, il capolavoro di Eliot rappresenta una testimonianza senza tempo sul rapporto fra opposti, nel cuore della civiltà occidentale: Potere Temporale e Potere Spirituale, Ragione e Fede, Individuo e Stato. Libertà e Costrizione. Nella vicenda così complessa (e di difficilissima analisi storica) fra Edoardo II e colui che sarà alla fine di un percorso politico e personale complicato e sofferto Arcivescovo di Canterbury leggiamo il dramma e lesizialità delle scelte che oggi si compiono davanti ai nostri occhi. Di più: vi leggiamo lo iato fra la micro e la macro Storia; fra la grande vicenda dellUmanità e la vicenda privata, piccola a volte inutile, quasi sempre insignificante di ciascuno di noi. Persino nella nebulosità dei sicari, materialmente difficili da ricondurre con certezza alla responsabilità di Edoardo quale mandante certo, leggiamo lambiguità del Potere e del suo Sistema nel rapporto con gli individui: manipolatorio, ricattatorio, inafferrabile. In questa ambiguità di fondo, sembrano rispecchiarsi tutte quelle precedenti e quelle a seguire: dalla conferenza
di Wansee all Irangate. Una costante dellinfingimento, della manipolazione appunto del Sistema, che indirizza i destini di interi popoli senza apparentemente esercitare coercizione, ma, anzi, promuovendo libertà e democrazia. Non a caso, rappresentato nel 35 proprio nei luoghi della vicenda reale, il dramma sembra raccontare più lascesa e il pericolo del nazismo, che le vicende dei Plantageneti. Oggi, il nostro allestimento, la nostra versione del dramma, mira appunto a questa trasversalità storica; a questa atemporalità, orientata a togliere la matrice specifica a questo conflitto, restituendola a una
dimensione più generalmente estesa. Una rotta precisa, un percorso fatto di convincimenti profondi. Una scelta confermata anche dalla presenza del Maestro di Teatro Civile più genuino che il nostro Paese esprime in questo momento: Moni Ovadia. Artista, attore, cantore dellimpegno, che anche nella sua appartenenza alla cultura yddish, suggerisce una polifonia di linguaggi e istanze antropologiche, oltre che storiche, civili e sociali.