Missa Solemnis - Amici della Musica di Sondalo s. 2022/2023
LUDWIG van BEETHOVEN.
Missa solemnis
per soli, coro e orchestra, op.123
SARAH TISBA
soprano
ALESSIA NADIN
mezzosoprano
LUIFI ALBANI
tenore
ALBERTO ROTA
basso
CORO
UT ENSEMBLE
Lorenzo Donati
maestro del coro
Precede lesecuzione:
Umberto PEDRAGLIO (1978)
Visioni
,
per soprano, coro e orchestra
Su testi di Aung San Suu Kyi (Premio Nobel per la Pace, 1991)
OCHESTRA ANTONIO VIVALDI
Lorenzo Passerini direttore
Ludwig van Beethoven (1770-1827) comincia a scrivere la Missa solemnis op. 123 in re maggiore nel 1818, pensando di offrirla all'Arciduca Rodolfo per la cerimonia in cui sarà nominato arcivescovo. Ma il tempo di composizione sarà lunghissimo: la prima esecuzione si svolgerà a San Pietroburgo il 18 aprile 1824, mentre poche settimane dopo tre sezioni singole della Messa saranno eseguite anche a Vienna, quella sera del 7 maggio 1824 in cui fu eseguita per la prima volta anche la Nona sinfonia, con un Beethoven impegnato a dirigere ma ormai sostanzialmente sordo e incapace di sentire musica e applausi. Dall'ora e venti di musica che compone la Missa solemnis ci giunge un'onda allo stesso tempo infinitamente umana e spirituale. Parlarne in venti righe è cosa quasi impossibile, perciò scegliamo di puntare il dito su alcuni singoli momenti, che "bucano" il tessuto musicale e colpiscono l'ascoltatore a volte con lieve stupore, altre volte scuotendolo con forza. La fuga gigantesca che chiude il Gloria: per scriverla, Beethoven si mette a studiare gli antichi, va a cercare i tomi di Zarlino e Glareanus nella biblioteca dell'arciduca. Ne vien fuori un organismo imponente e in continua accelerazione, Allegro ma non troppo poi Poco più Allegro poi Presto. Nel finale la ritmica diventa estremamente instabile, voci e coro tengono alcune sillabe per durate estenuanti e poi ne precipitano altre, come se il giubilo facesse cadere i meccanismi elementari dell'equilibrio. Il Benedictus: si svolge su un lungo, estenuante, bellissimo solo di violino. Pagina estatica, che intenzionalmente porta fuori dal mondo, sospendendo lo scorrere umano degli istanti e delle attese. E poi gli echi guerreschi nell'Agnus Dei va bene, c'era il precedente della Missa in tempore belli di Haydn, ma qui "si esagera": squilli di trombe e ritmi scomposti in un Agnus Dei! (A ricordarci in quale contesto in ogni epoca si prega per la pace). E la conclusione, col coro che non chiude mai sull'accordo "giusto", a questo penserà l'orchestra, in maniera che pare sbrigativa e che diamine, dopo un'ora e venti di musica neanche un finale come si deve. «L'opera mia più compiuta», così Beethoven la chiamava. E in apertura scrisse: «Dal cuore possa andare ai cuori».