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La Collegiata dei Santi Gervasio e Protasio e il suo portale
MVSA
Palazzo Sassi de' Lavizzari Via Maurizio Quadrio 27 23100 Sondrio

La Collegiata dei Santi Gervasio e Protasio e il suo portale

CONFERENZA “L'ANTICA COLLEGIATA DEI SANTI GERVASIO E PROTASIO DI SONDRIO.
UN ITINERARIO TRA LE FONTI“


Martedì 18 giugno 2024 alle ore 17:00 si terrà l’inaugurazione dei pannelli con le didascalie
dell'architrave della Collegiata appena posizionati sulla parete del museo grazie al contributo
degli Amici del Museo Valtellinese di Storia e Arte.
Seguirà conferenza "L'antica Collegiata dei santi Gervasio e Protasio di Sondrio. Un itinerario tra
le fonti" della Dott.ssa Angela Dell'Oca.


Ingresso libero fino ad esaurimento posti.
Per maggiori informazioni:
tel. 0342526553
museoreception@comune.sondrio.it

 

LA STORIA

Possediamo scarse informazioni in relazione a molti oggetti pervenuti al MVSA; è il caso anche dei tre manufatti qui esposti che sappiamo essere i resti del portale dell’antica collegiata dei santi Gervasio e Protasio di Sondrio: due capitelli fogliati con corone di foglie di acanto, quelle inferiori più leggere, le superiori più mosse e rigonfie, l’abaco a doppio listello e un architrave in marmo bianco venato di Musso con al centro in rilievo l’Imago pietatis e ai lati due croci polilobate.

Tali elementi marmorei dell’ingresso  maggiore, presumibilmente collocato al centro di una facciata a capanna sovrastata da un’unica apertura a oculo, anche se giunti fino a noi in modalità frammentaria e con ampi danneggiamenti, sono gli unici rimasti tra tutti quelli che arricchivano l’edificio medioevale e rinascimentale: dispersi almeno un altro portale laterale a sud e gli arredi interni quale l’altare e il fonte battesimale, che potevano essere realizzati in analogo materiale lapideo.  Forse è ancora possibile riconoscere nell’attuale acquasantiera vicino alla porta meridionale, unica realizzata in marmo bianco, un frammento residuo di quell’epoca.

Il portale, di difficile datazione, è stato a lungo assegnato al XIV secolo sulla base di considerazioni stilistiche, non tenendo presente che in Valtellina, accanto ad esempi pienamente rinascimentali, aggiornati sulle realizzazioni comasche e milanesi, troviamo ancora nel Cinquecento episodi di architettura tardo medievale. E’ quindi verosimile che sia stato fatto realizzare tra gli ultimi anni del Quattrocento ed i primi del Cinquecento per conto degli arcipreti Andriani, in un momento di grande rinnovamento edilizio avviato sotto il governo di questa potente famiglia del borgo di Corenno (oggi Corenno Plinio in Comune di Dervio), che ha retto la parrocchia di Sondrio per una lunga stagione (Pietro dal 1442 al 1482 e di seguito il nipote Gian Giacomo fino al 1520), facendo edificare anche le chiese di santa Maria della Sassella e di san Rocco.  

In effetti la presenza nelle fabbriche valtellinesi di capimastri e lapidici provenienti dall’area lariana e ticinese era consolidata tradizione fin dal XIV secolo.

Nel Seicento gli arcipreti Nicolò Rusca e G.Battista Paravicini intervennero con migliorie all’interno della parrocchiale, ma senza alterarne il sedime, mentre all’inizio del Settecento si registrano interventi sul fronte principale della chiesa, con la costruzione di un protiro con tetto in legno, concluso nel 1712 da Francesco Rup.

Poco rimane della fabbrica dell’antica collegiata, in buona parte demolita per l’erezione dell’edificio dalle maggiori proporzioni progettato da Giovan Pietro Ligari, ma sappiamo che il portale quattrocentesco venne ricollocato sulla nuova facciata, nonostante il Ligari ne avesse progettato uno più maestoso.  I lavori della fabbrica durarono a lungo, interrotti prima dalla morte di Pietro nel 1752 e poi dalla scomparsa del suo collaboratore il capomastro e architetto ticinese Giovan Giacomo Cometti (1756); solo verso la fine del secolo (1797) veniva concluso il presbiterio su disegno dell’architetto Pietro Taglioretti, che proponeva una soluzione neoclassica poco in armonia con il progetto ligariano.

I disegni, richiesti dalla Fabbriceria tra il 1834 e il 1837 per risolvere l’annoso problema dell’incompiutezza della parrocchiale, ci mostrano lo stato di fatto, descrivendo, anche se in forma stilizzata, un portale gotico a sesto acuto strombato con eleganti colonnine tortili addossate ai piedritti lisci, sormontati dai capitelli fogliati e dall’architrave scolpito.  

La definitiva soluzione del fronte, progettata dall’ingegnere sondriese Giuseppe Sertoli, venne adottata solo nel 1838 ed è attualmente in opera.

Smontato definitivamente e non più ricollocato, del portale si perdono le tracce, forse ricoverato in uno degli altri edifici della parrocchia. E’ in questa circostanza che avviene l’alienazione o la dispersione di quegli elementi architettonici della struttura considerati secondari (i piedritti, le colonnine tortili e le porzioni della lunetta); di fatto solo i due capitelli e l’architrave sono giunti fino a noi.  Nel passaggio tra Otto e Novecento l’assetto della piazza e degli edifici che vi si affacciavano viene radicalmente modificato; si mette mano al restauro e ingrandimento del palazzo già Peregrini sede del Tribunale sul lato occidentale per allocarvi la sede municipale. L’intervento, eseguito fra il 1915 e il ‘17 su progetto dell’Ing. Antonio Giussani di Como, prevedeva anche un abbozzo di Museo  nel cortile e lungo la parete di settentrione del portico;  ad alcuni pezzi fra quelli una volta raccolti dal Comitato Archeologico, si aggiunsero i resti del portale della vetusta plebana di Sondrio, accordati dalla fabbriceria. 

Quando nel 1947 verrà istituito il Museo Valtellinese di Storia ed arte, con sede in Villa Quadrio; architrave e capitelli troveranno posto nella loggetta del palazzo dove sono rimasti fino al trasferimento nella presente sede museale.

Testo a cura di A.Dell’Oca

 

RIFLESSIONI ICONOGRAFICHE 

Davanti alla chiesa, sin dall’epoca paleocristiana, si dava valore e spazio ad elementi che preparassero l’ingresso: un quadriportico o atrio, un nartece o un protiro, e lo spazio davanti alla facciata era definito “sagrato”, suolo consacrato, benedetto.  Ma il passaggio vero e proprio aveva il valore di limen, di confine (che non significa separazione, ma distinzione) tra due mondi, tanto che poteva essere chiamato “soglia della fede”.

Ecco perché ogni elemento del portale – anche solo decorativo – aveva un valore simbolico calibrato e profondo come nel caso dell’architrave quattrocentesca della antica collegiata di Sondrio.

La figura di Cristo non è un’immagine generica del Salvatore, ma esprime un significato particolare: si tratta di un’Imago pietatis (immagine della pietà)  e rappresenta uno dei soggetti più tipici di una certa fase della storia della religiosità e dell’arte cristiana, corrispondente all’incirca all’epoca della cosiddetta devotio moderna tra XIV e XVI secolo.E’ l’immagine di Cristo morto raffigurato a mezzo busto o di tre quarti e posto nel sepolcro. Le ferite della Passione sono ben evidenti e la posa delle braccia può essere quella di un cadavere, con le mani disposte sul petto o sul ventre, e incrociate ai polsi, ma il corpo si leva dal sepolcro senza che nessuno lo sostenga.

Si trovano tre varianti nell’indicazione di questo soggetto:

Vir dolorum - uomo dei dolori; Christus passus  - Cristo che ha sofferto; Imago pietatis - Immagine della pietà. 

Quest’ultima definizione appare più significativa, perché indica una duplice valenza della pietas: quella del devoto che di fronte a questa immagine di Cristo non può rimanere indifferente, ma è invitato a commuoversi contemplando la sofferenza del Figlio di Dio e quella di Cristo: il Signore dimostra tutto il suo amore donandosi, svuotando totalmente se stesso.      

Le due croci polilobate ai lati sembrano due croci astili con un nodo alla base, usate in funzione processionale.

Don Andrea Straffi - direttore dell’Ufficio di Arte Sacra e Beni Culturali - Diocesi di Como

 

IL RESTAURO E IL NUOVO ALLESTIMENTO

L’architrave presenta al centro un altorilievo con la Pietà e, ai lati due croci astili a terminazione trilobe.

Di intensità espressiva è la resa formale dell’altorilievo nonostante la perdita del naso e dello zigomo destro. Lo scultore ha curato le proporzioni e i dettagli iconografici: il nimbo crocesignato, l’evidenziazione del costato e il segno lasciato dai chiodi sulle mani.

I capitelli, sono scolpiti con due corone di foglie d’acanto con proporzioni differenti: quelle inferiori leggermente arretrate rispetto a quelle superiori per far sì che dal basso risultassero più slanciati.

E’ stato utilizzato il marmo calcitico di Musso bianco per l’architrave e grigio con venature bianche per i capitelli. I manufatti presentavano un deposito generalizzato incoerente di particellato atmosferico di colore grigio in superficie che non aveva interferito sulla superficie litica.

Sono presenti anche segni causati dall’azione antropica successivi alla messa in opera originaria, possibili conseguenze di uno smontaggio e ricollocazione da ricondurre a una fase posteriore.

Sul fronte dell’architrave, sul listello superiore, a sinistra e a destra della  Pietà  vi sono due rotture piuttosto nette effettuate da uno strumento metallico.

Il listello modanato presenta delle rotture sino a scomparire in prossimità dell’elemento in rilievo ove generalmente si appoggiano i conci che compongono l’arco della lunetta.

Poco convincente  risulta essere l’incastro che si riscontra sul capitello destro. Per una correttezza di allestimento avremmo dovuto riscontrarlo anche su quello sinistro,

La pulitura è stata affrontata mediante l’uso di agenti chimici. E’ stata applicata una soluzione di sali inorganici con l’aggiunta di battericida fungicida in acqua demineralizzata. Una volta rimosso l’impacco, il manufatto è stato lavato con acqua demineralizzata utilizzando  anche uno spazzolino di setola per ottenere in modo omogeneo la pulitura.

Ove erano presenti depositi consistenti si è provveduto all’eliminazione mediante l’azione meccanica di bisturi. Non si sono riscontrati fenomeni di decoesione cristallina che avrebbero richiesto  consolidamenti specifici. I residui di malta trovati nell’incavo superiore dell’architrave e quelli laterali addizionati di laterizio frantumato sono stati conservati come testimonianza di carattere materiale.

Al termine dell’intervento, considerando che i manufatti sono esposti nel cortile esterno del palazzo è stato necessario trattarli con un protettivo idrorepellente alchil-alcossi-silano . 

Giorgio  Baruta

 

La nuova collocazione del portale è stata predisposta dalla direzione del Museo insieme all’Ufficio di Arte Sacra della Diocesi di Como e alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio; si è preferita una soluzione di allestimento lineare (progetto dell’arch. Gianmario Bonfadini), per permettere la più ampia visione dei materiali, evitando al momento di suggerire una ipotetica ricostruzione sulla base delle relazioni formali fra i tre elementi.

E’ ora possibile apprezzare i segni incisi dai mastri lapicidi sulla pietra, una sorta di appunto progettuale nell’ambito del cantiere. Sono visibili anche due solchi verticali che segnano il punto di innesto dei due capitelli.

 

La Collegiata dei Santi Gervasio e Protasio e il suo portale
Quando
18 giugno - 31 dicembre 2024
Ore 17:00
Accessibile in sedia a rotelle
Dove
 
 

Palazzo Sassi de' Lavizzari
Via Maurizio Quadrio 27
23100 Sondrio

Informazioni