Sior Todero Brontolon
SIOR TODERO BRONTOLON
di Carlo Goldoni
drammaturgia Piermario Vescovo
con Franco Branciaroli
e con Stefania Felicioli, Piergiorgio Fasolo, Alessandro Albertin, Ester Galazzi, Riccardo Maranzana, Valentina Violo, Emanuele Fortunati, Federica Di Cesare
in collaborazione con I Piccoli di Podrecca
regia Paolo Valerio
produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia,
Teatro de gli Incamminati, Centro Teatrale Bresciano
Il mondo di Goldoni, il mondo delle marionette, due universi che si incontrano nel microcosmo di un luogo reale e immaginario. Una rilettura di una commedia della maturità goldoniana, condotta con rigoroso rispetto filologico per il testo e per la straordinaria bellezza di quella lingua unica che è già di suo poesia, ma anche con una originale intuizione che vede le marionette in scena accanto agli attori, come loro alter ego.
La lingua è quel veneziano della maturità del drammaturgo, in cui convivono in una sfaccettata partitura livelli arcaici (quello della rusticità del vecchio Todero e del suo sottoposto Desiderio, con tratti di estraneità allurbanità dei cittadini (e infatti costruiti da Goldoni sulla pelle di due attori specializzati nei ruoli di Brighella e Arlecchino). Cè poi il linguaggio civile e cittadinesco di Marcolina, che non rifugge però dalle punte espressive, e di Fortunata, effusivo e femminile, fino a quello più ingessato e formale, quasi italiano del giovane Meneghetto.
La famiglia di Sior Todero rappresenta da generazioni spettacoli di marionette a Venezia e la loro casa è il teatro di questi angeli dal corpo spezzato. Fili, gambe, braccia, teste, quinte, fondali, sacchi, corde, graticci, ponti, sipari, tulle, ribaltine, costumi, trucchi, bastoni, sono gli strumenti dei manovratori di figure dal cuore di legno che si sollevano come danzatori nellaria per poi tornare a terra, attratti dalla gravità e dalle emozioni. Oggetti inseparabili dagli umani, misteriosi e inquietanti, giocattoli creativi e fonte di ispirazione per grandi artisti quali Paul Klee, Giorgio de Chirico, Franz Joseph Haydn, Heinrich von Kleist, Carlo Collodi
Carlo Goldoni ce ne parla nei Mémories tra i primissimi ricordi della sua infanzia: «Mia madre mi diede alla luce quasi senza dolore, onde mi amò anche di più; e io non detti in pianto, vedendo la luce per la prima volta. Questa quiete pareva manifestare fin dallora il mio carattere pacifico, che non si è mai in seguito smentito. Ero la gioia di casa. La mia governante diceva che avevo ingegno. Mia madre prese cura di educarmi, e il mio genitore di divertirmi. Fece fabbricare un teatro di marionette, le maneggiava in persona con tre o quattro suoi amici, e in età di quattranni trovai esser questo un delizioso divertimento».
Da questo amore per le marionette e dalla presunta leggerezza del suo mondo interiore prende spunto questo progetto di regia che vuole presentare una versione del Sior Todero come un Grande Burattinaio, anzi Marionettista.
Da qui la vicinanza con un altro personaggio patriarcale che vuole controllare e dirigere la famiglia, Vito Corleone, che nel manifesto del capolavoro di Coppola, "Il Padrino", è appunto rappresentato con una mano che manovra i fili.
Ma la marionetta deve anche essere intesa come un doppio dei personaggi, lanima e linconscio che muove le azioni e il corpo, talvolta in sintonia, talvolta in contrasto con il pensiero dell attore.
Il corpo dellattore come marionetta e talvolta come macchina corporea che cerca una soluzione al mistero del personaggio.
La marionetta come lato oscuro, per sopportare e reagire allorrore domestico della famiglia di Sior Todero, per sopportare e superare un personaggio odioso ed egoista, rappresentazione, nel peggiore dei casi, del genere maschile.
E come spesso avviene nelle commedie di Goldoni, luniverso femminile è salvifico e risolutivo e riesce a rimediare e risolvere i conflitti, per un presunto e talvolta instabile, lieto fine.