Canto II - Beatrice nel Limbo
Il Canto II si apre, come tutti i più grandi poemi epici della storia della letteratura, con linvocazione alle Muse e un chiaro riferimento allEneide di Virgilio (Lo giorno se nandava, e laere bruno/toglieva li animi che sono in terra/da le fatiche loro; - Divina Commedia, II, 1-3; era la notte e sulla terra tutti gli esseri animati dormivano¹ Eneide, III, 147).
Dante, preoccupato, si rivolge a Virgilio esponendo i suoi dubbi: il poeta infatti non si reputa altrettanto degno dei sui due illustri predecessori che intrapresero prima di lui il viaggio nellOltretomba (Io non En ë a, io non Paulo sono;/ me degno a ciò né io ne altri l crede- Divina Commedia, II, vv 32-33).
Virgilio, dopo averlo rimproverato, gli racconta come, mentre era nel Limbo, si sia presentata a lui una donna dagli occhi luminosi (Lucevan li occhi sui più che la stella Divina Commedia, II v 55) con parole che ci ricordano lo stilnovo a partire da Guido Cavalcanti (In un boschetto trova pasturella/più che la stella bella, al mi parere Rime, 46, vv 1-2), Guido Guinizzelli (Vedutho la lucente stella diana,/ chapare anzi che l giorno rendalbore,/ cha preso forma di figura umana;/sovrognaltra me par che dea splendore: - , vv 1-4) e lo stesso Dante nelle sue opere giovanili (De gli occhi de la mia donna si move/ un lume sì gentil Rime, LXV).
È Beatrice, I son Beatrice che ti faccio andare;/ vegno del loco ove tornar disio;/ amor mi mosse, che mi fa parlare. (Divina Commedia, II, vv 70-72) che è scesa dal cielo per chiedere a Virgilio di accompagnare Dante in questo viaggio verso la salvezza.
Nel disegno infatti vediamo due personaggi: Virgilio a sinistra, con la ghirlanda di alloro a incoronarlo poeta, avvolto in un lungo mantello che gli copre parte del volto, e Beatrice, a destra, fluttuante e leggera, con la mano sinistra piegata pudicamente e la destra protesa ad accompagnare le sue parole.
Io era tra color che son sospesi,
e donna mi chiamò beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi.
Inferno, Canto II, vv 52-54
¹ Nox erat, et terris animalia sommus habebat Aen, III, 147