Purgatorio
Canto XXXIII - Eunoè

Canto XXXIII - Eunoè

In dolce canto le sette donne piangono la sorte del carro, fin quando Beatrice non riprende l'interrotto cammino: il poeta e Stazio la seguono. Il poeta comincia a parlare con lei e dalle sue parole apprende il vero significato degli eventi cui ha assistito: Beatrice, inoltre, profetizza l'avvento di un condottiero che riscatterà la Chiesa dal degrado attuale e chiarisce come quell'albero prima spoglio e poi rinverdito sia il simbolo della giustizia divina. Segue la valutazione dei limiti della sapienza umana. Verso mezzogiorno il gruppo giunge in prossimità della sorgente da cui scaturiscono sia il Lete che l'Eunoé ed è a questo punto che Matelda immerge il poeta e Stazio nelle acque del secondo fiume, da cui entrambi escono purificati e quasi ringiovaniti, pronti insomma a salire in cielo. Dante vorrebbe descrivere meglio la sensazione provata in quel momento, ma, lo dice egli stesso, la seconda cantica è ormai finita.


E Beatrice: «Forse maggior cura, 
che spesse volte la memoria priva, 
fatt’ha la mente sua ne li occhi oscura.                      
Ma vedi Eunoè che là diriva: 
menalo ad esso, e come tu se’ usa,
 
la tramortita sua virtù ravviva». 

Purgatorio, Canto XXXIII, vv 124-129