Purgatorio
Canto XXXII - La meretrice e il gigante

Canto XXXII - La meretrice e il gigante

Dante distoglie lo sguardo dalla contemplazione di Beatrice per assistere al ritorno della processione verso oriente. Insieme alla donna e a Stazio egli percorre la foresta, al suono di una melodia angelica. Compiuto un breve tragitto, il corteo si ferma intorno a una pianta assolutamente priva di foglie, al cui fusto il grifone lega il carro: subito dopo l’albero torna miracolosamente a fiorire. Un canto ineffabile immerge Dante nel sonno: a destarlo è Matelda che gli indica Beatrice circondata da sette ninfe. Ella stessa allora lo invita a osservare attentamente quel che succederà, perché poi possa descriverlo nei suoi versi. Dante assiste quindi all’aggressione del carro compiuta in sequenza prima da un’aquila, poi da una volpe e infine da un drago uscito dal terreno. Dopodiché, quel che ancora resta del carro viene sommerso dalle piume dell’aquila e successivamente si trasforma in un mostro a sette teste, sul dorso del quale siede una prostituta, a sua volta protetta da un gigante che alla fine, sciolto il mostro dall’albero, lo conduce via per la selva, impedendo così a Dante di vedere altro.
 

Sicura, quasi rocca in alto monte, 
seder sovresso una puttana sciolta 
m’apparve con le ciglia intorno pronte;                       
e come perché non li fosse tolta, 
vidi di costa a lei dritto un gigante; 
e baciavansi insieme alcuna volta.                               

Purgatorio, Canto XXXII, vv 148-153