Purgatorio
Canto XX - Le anime intonano il Gloria

Canto XX - Le anime intonano il Gloria

Un’invettiva contro la lupa, simbolo dell’avarizia, caratterizza l’esordio del canto: a essa fa eco la voce di un’anima che celebra tre esempi famosi di povertà e di liberalità: quello del parto di Maria in una stalla, quello del console romano Caio Fabrizio Luscino e quello di San Nicola, vescovo di Bari. Incuriosito, Dante si rivolge allo spirito che ha parlato chiedendogli chi esso sia e il motivo per cui, solo, pronunci quelle lodi. L’anima si fa allora riconoscere come Ugo Capeto, re di Francia, fondatore della dinastia capetingia: dalle sue labbra escono un’aspra requisitoria contro la sua stirpe e una profezia relativa ai misfatti di Carlo di Valois, di Carlo III d’Angiò e di Filippo il Bello. Dopodiché lo spirito passa a rispondere al secondo quesito di Dante illustrando le consuetudini di quella quinta cornice e citando esempi di avarizia puniti: quelli di Pigmalione, di Mida, di Acan, di Saffira, di Eliodoro, di Polinestore e di Licinio Crasso. I due pellegrini, che hanno ripreso il cammino al termine delle parole di Ugo, all’improvviso sentono il monte tremare: tutte le anime intonano all’unisono l’inno di gloria a Dio fin quando il terremoto non cessa. Dante, incerto sulla natura e sulle cause di quel subitaneo fenomeno, prosegue al fianco di Virgilio, ma assillato da dubbi che tuttavia non osa dichiarare.


Poi cominciò da tutte parti un grido 
tal, che ‘l maestro inverso me si feo, 
dicendo: «Non dubbiar, mentr’io ti guido».
Gloria in excelsis’ tutti ‘Deo
dicean, per quel ch’io da’ vicin compresi,
onde intender lo grido si poteo.

Purgatorio, Canto XX, vv 133-138