Purgatorio
Canto XIX - Avari e prodighi

Canto XIX - Avari e prodighi

Poco prima dell’alba Dante fa un sogno: gli appare una "femmina" balbuziente, orba, zoppa, priva delle mani e pallida. Sotto lo sguardo del poeta ella perde però tutte le menomazioni, compresa la balbuzie e, intonato un canto ammaliante, si presenta come sirena. Compare a questo punto un’altra donna che squarciate le vesti alla prima lascia intravedere al poeta un ventre maleodorante. In quel mentre Dante si sveglia, destato dai ripetuti appelli di Virgilio e si accorge che il sole è già alto e sente la voce dell’angelo che indica loro il varco per l’ascesa al quinto girone. Ma il dubbio circa il sogno lo assilla e allora il maestro gli spiega che la vecchia strega che ha visto è il peccato i cui effetti si scontano nei tre cerchi superiori. Giunti nel quinto girone Dante vede anime che piangono stando bocconi a terra. Sono gli avari e i prodighi che intonano il salmo XIX. Il poeta inizia a parlare con uno di loro che veniamo a sapere essere papa Adriano V e che illustra a Dante la pena che deve scontare insieme agli avari. Il poeta si inchina di fronte a quell’autorità ma lo spirito, schermendosene, glielo impedisce e si congeda ricordando solo l’amata nipote Alagia che sulla terra prega per lui.


Com’io nel quinto giro fui dischiuso, 
vidi gente per esso che piangea, 
giacendo a terra tutta volta in giuso .
’Adhaesit pavimento anima mea’

sentia dir lor con sì alti sospiri,
che la parola a pena s’intendea.

Purgatorio, Canto XIX, vv 70-75