Purgatorio
Canto III - Antipurgatorio

Canto III - Antipurgatorio

Dante si accorge che il rimprovero di Catone ha turbato la coscienza di Virgilio. Colpito dai raggi solari, vede solo la sua ombra proiettarsi a terra ed è colto dal terrore, ma volgendosi di lato è confortato dalla vista della sua guida che gli spiega per quale motivo le anime siano prive dell’ombra. Segue, sempre per bocca di Virgilio, un’altra celebre esortazione: l’uomo si accontenti di quanto gli è concesso capire, poiché conoscere le cause ultime delle cose, e quindi Dio, gli è precluso. Poi, di nuovo turbato, il poeta latino tace. Intanto i due sono arrivati ai piedi della montagna, ma la parete è così scoscesa che lo stesso Virgilio appare in difficoltà. Ecco allora che Dante scorge una schiera di anime che avanzano lentamente: i due poeti si fanno loro incontro, ma esse, spaventate, si stringono tutte alla parete del monte, guardando perplesse i pellegrini. Virgilio chiede come sia possibile salire sul versante del pendio. Come accade in un gregge di pecorelle, l’avanguardia di quella schiera si fa avanti, per ritrarsi però subito, alla vista dell’ombra di Dante. Rassicurata dal poeta latino, un’anima si rivolge a Dante per dichiarare poco dopo di essere Manfredi, figlio di Federico II: e racconta la sua storia. Con una sua preghiera si conclude il canto: lo Svevo chiede a Dante di rivelare alla figlia Costanza la sua condizione.


Come color dinanzi vider rotta 
la luce in terra dal mio destro canto,
sì che l’ombra era da me a la grotta,
restaro, e trasser sé in dietro alquanto,
e tutti li altri che venieno appresso,
non sappiendo ‘l perché, fenno altrettanto.

Purgatorio, Canto III, vv 88-93