Quadro politico e culturale

«La costruzione di un teatro, di cui la città di Sondrio era mancante, e in grazie del quale non solo si aggiunse alla città stessa un ornamento, ma fu procacciato a’ suoi abitanti un mezzo di partecipare ai piacevoli trattenimenti della musica e della declamazione drammatica, questa costruzione, dicesi, vuol essere considerata come una conseguenza dei vantaggi che ridondarono alla Valtellina dalla paterna e benefica amministrazione alla quale è in oggi sottoposta, e dalle opere grandiose ed importanti che con regale munificenza furono eseguite, e si continuano tuttora per cenno di S. M. l’augustissimo nostro sovrano.»

da «La Gazzetta di Milano», 14 febbraio 1824

 

La costruzione di un teatro a Sondrio va inquadrata nella politica di sviluppo urbano, economico e culturale, favorita nel primo periodo di dominazione asburgica della Valtellina, e nell’ascesa di una classe borghese distinta dal popolo contadino e dalla nobiltà terriera.
Prima vera sala da spettacolo di tutta la Valtellina, il Teatro Sociale di Sondrio rappresenta uno dei centri culturali più importanti del territorio ed è tra i protagonisti della trasformazione della valle da isolata terra di contadini a centro culturale e turistico.

Il passaggio dall’esperienza napoleonica al governo austriaco segna un mutamento decisivo per la vita economica e culturale della valle. Tolte ai Grigioni, che le controllavano dal 1512, e annesse nel 1797 alla Repubblica Cisalpina per volere di Napoleone, Valtellina e Valchiavenna sono unite sotto la dicitura di Dipartimento dell’Adda, con capoluogo prima Morbegno e poi, dal 1805, Sondrio, che con la concentrazione delle amministrazioni, prefetture e uffici e la conseguente crescita di funzionari e impiegati, comincia a trasformarsi in una città moderna.

Con la caduta di Napoleone, le due valli sono assegnate al Regno Lombardo Veneto con la nuova denominazione di Provincia di Sondrio. La dominazione austriaca è caratterizzata per quasi mezzo secolo da una rigorosa ed efficiente amministrazione, che riprende e porta a un maggiore compimento i tentativi del governo francese di modernizzazione del territorio. Fondamentali in questa direzione sono la riorganizzazione dell’amministrazione, la diffusione dell’istruzione scolastica e le grandi opere pubbliche. Tra i segni più duraturi dell’esperienza austriaca si annovera il potenziamento della viabilità, in particolare la realizzazione delle strade dello Spluga e dello Stelvio, due grandi direttrici che rompono l’isolamento della valle.

I primi cinquant’anni del regno vedono inoltre una significativa modificazione del tessuto sociale valtellinese: tra 1815 e 1847 si riscontra un forte aumento demografico (la popolazione passa da 80.000 a 104.000 abitanti), che si accompagna a un miglioramento ed un’estensione di ospedali e opere pie, ben gestiti dall’amministrazione pubblica, e a una maggiore diffusione dell’istruzione scolastica, specialmente primaria (non mancano però anche un nuovo liceo e ginnasi comunali a Sondrio, Ponte, Tirano e Bormio). Aumentano gli impiegati nella pubblica amministrazione e il numero di medici, avvocati, notai e ragionieri; la forte immigrazione che caratterizza gli anni tra il 1815 e il 1855, favorita anche dai lavori sulle vie di trasporto, porta inoltre a una crescita del settore artigianale e commerciale. Si viene così a formare una nuova borghesia valligiana, distinta dagli strati bassi della popolazione: è il censo a dare l’accesso non solo alle cariche amministrative, ma anche ai luoghi della cultura (tra cui spicca proprio il teatro) che nascono in questo periodo sotto la spinta dei governatori austriaci e in cui questa nuova classe sociale trova il proprio luogo di riunione e rappresentanza.

A Sondrio, l’iniziativa per la realizzazione di un teatro è da attribuirsi in particolar modo all’Imperial Regio Delegato (la più alta carica di rappresentanza del potere centrale nelle province) Don Gaudenzio De Pagave, che spinge la formazione di una società composta da ventisei azionisti appartenenti alle famiglie più ricche e in vista della città. Risale al 19 giugno 1820 il verbale di un’adunanza tra i membri di questa società in cui si stabilisce di costruire un teatro e in cui viene nominata una commissione presieduta da De Pagave stesso, abilitata a procedere all’asta, deliberare l’appalto, fare tutti i contratti e quant’altro sia necessario per la realizzazione del progetto. Gli azionisti si accollano tutte le spese, comprese quelle per l’acquisto del terreno e della decorazione interna, e ognuno contribuisce con una quota di 1200 lire.

Per la realizzazione del teatro la Società acquistò l’8 maggio 1821 il Fondo Lavizzari, detto “il Lazzaretto”, nell’angolo sud-ovest di quello che l’amministrazione comunale aveva già individuato come luogo adatto per la creazione di una nuova piazza che fungesse da ingresso occidentale della città: l’odierna piazza Garibaldi, nota ai tempi appunto come piazza Nuova o piazza del Monumento, per via del monumento eretto in onore dell’Imperatore Francesco I. Lo stile architettonico neoclassico del teatro, primo degli edifici che andranno a completare la piazza (la sede della Banca d’Italia, il Grand Hotel della Posta, la sede della Banca Popolare e Casa Lambertenghi) verrà preso a modello per i successivi, andando a configurare il luogo come il foyer monumentale del centro storico.