IL PROGETTO

«L’egregio e lodatissimo sig. Canonica ne fu l’architetto, che seppe unire i comodi all’eleganza, e la sontuosità alla limitata, sì, ma bastante periferia dell’edificio.»

da «La Gazzetta di Milano», 14 febbraio 1824

 

La costruzione di un teatro, di cui la Valtellina era ancora priva, rientra non solo nella spinta modernizzatrice del governo asburgico e nel desiderio della borghesia di un luogo simbolo al tempo stesso di svago e potere, ma segue la moda che già dalla metà del secolo precedente si riscontra nell’intera penisola: la maggior parte delle città italiane comincia, infatti, a dotarsi di uno o più luoghi specifici deputati alle rappresentazioni teatrali, strutturati anche per offrire servizi aggiuntivi quali caffè, sale da gioco, ridotti per balli e feste. La costruzione di una sala teatrale non è legata unicamente al valore artistico, ma anzi ha principalmente una funzione sociale e politica: nella struttura ad alveare dei palchetti si riconosceva la ricchezza e l’influenza di chi li frequentava. La cosiddetta “sala all’italiana”, con la pianta a ferro di cavallo e gli ordini di palchi circondanti la platea, trova il suo modello e la sua maggiore realizzazione nel Teatro alla Scala di Milano, progetto di Giuseppe Piermarini (1778).

Il progetto del teatro è affidato senza concorso all’architetto ticinese Luigi Canonica, allievo del Piermarini. I teatri da lui ideati seguono gli schemi tipici del neoclassicismo che lui stesso contribuisce a definire con la realizzazione di numerosi edifici teatrali a Milano e in tutto il nord Italia (Como, Cremona, Brescia, Mantova, Genova).

Delle cinque tavole realizzate per il Teatro di Sondrio ne rimangono tre, due originali e una copia; in essi si riconoscono gli stilemi tipici del Canonica in cui trovano la loro sintesi i numerosi dibattiti e studi sull’architettura teatrale tra Seicento e Ottocento.

L’interno a ferro di cavallo presentava due ordini di palchi e un loggione superiore, per un totale di ventotto palchetti e un palco centrale più alto degli altri. Il palcoscenico, ampio in pianta quanto la platea, era delimitato da un boccascena decorato; ai suoi lati si aprivano dei camerini e un magazzino, mentre sopra e sotto una reticola con mulinelli e dei binari permettevano il movimento di scenari e quinte.

Anche l’aspetto esterno, come l’interno, riprende lo stile scaligero pur adattandolo alle minori dimensioni. La facciata del Sociale, su cui si aprono cinque porte e cinque finestre, è divisa orizzontalmente da un cornicione che separa una parte bassa in bugnato e una alta intonacata, presenta un avancorpo centrale lievemente aggettante sovrastato da un timpano senza decorazioni.

Dall’atrio si poteva accedere alla biglietteria, al caffè e ai ridotti (salette per accogliere gli spettatori durante le pause e destinate solitamente al gioco d’azzardo), oltre che a un salone, affacciato sulla piazza, per le feste da ballo.

Direttamente ispirato allo stile della sala sondriese è il teatro di Morbegno, sorto nel 1855, su progetto dell’ingegner Luigi Rosati.