I generi drammatici

La parola fondamentale per il teatro del XIX secolo è “novità”: lo spettatore ottocentesco va a teatro aspettandosi uno spettacolo diverso ogni sera, perciò la compagnia che passa la stagione in un teatro deve tenere in repertorio moltissimi testi in modo da poter offrire al pubblico, composto principalmente da habitués, sempre qualcosa di nuovo. La replica è un’eccezione e uno spettacolo viene proposto più volte nello stesso teatro solo in caso di enorme successo. L’obbligo di tenere in repertorio oltre trenta testi contemporaneamente, con brevissimi periodi di prove (ci si serviva del suggeritore nascosto nell’apposita “buca” nel palco) e il riutilizzo di scenari e costumi spesso influivano negativamente sulla qualità dell’allestimento. Nel caso delle compagnie privilegiate, cioè quelle formazioni sostenute dai governi nei diversi stati italiani che in cambio di finanziamenti chiedono un controllo su sviluppi e rappresentazioni della compagnia, gli allestimenti sono molto più curati, ma a scapito della quantità di testi presenti in cartellone, cosa non sempre gradita al pubblico.

Per attirare il pubblico, i manifesti del tempo promettono testi “nuovissimi”, spesso dichiarando, con espressioni costruite e fisse, che gli stessi hanno riscosso un grandissimo successo nelle altre piazze; spesso i titoli di alcune pièces sono modificati presentando vecchi copioni come nuovi. Queste variazioni possono però anche basarsi su verità: il primo Ottocento italiano non prevedeva nessuna legge a difesa del diritto d’autore, e non era raro che i copioni, soprattutto quelli di successo, subissero modifiche anche vistose nell’impianto.

Le locandine e i manifesti ottocenteschi sono molto diversi da quelli moderni; non è raro che presentino, oltre alla consueta supplica al pubblico, soprattutto in caso di beneficiate, anche riassunti molto dettagliati della trama dello spettacolo che stanno pubblicizzando, oppure una presentazione del fatto, storico o di cronaca, che ha ispirato la scrittura del dramma o un resoconto del successo della sua rappresentazione nelle varie piazze, a giustificazione della scelta della compagnia di metterlo in scena.

I manifesti rivelano anche il gusto del pubblico sondriese da subito allineato con le maggiori piazze teatrali. Il repertorio delle compagnie ottocentesche non si basa sulle grandi opere della drammaturgia italiana, ma soprattutto su testi e produzioni contemporanee realizzate da mestieranti a stretto contatto con la scena, spesso liberamente tradotti dal francese e oggi perlopiù dimenticati. Tra i preferiti del pubblico sono i cosiddetti melò, drammi sentimentali accomunati da temi fruibili, personaggi immediatamente classificabili tra buoni e malvagi, intrecci pieni di tensione, peripezie comiche alternate e momenti tragici, agnizioni e un immancabile lieto fine.

A sottolineare i momenti più drammatici è la tecnica del tableaux o quadro scenico, espediente tipico del teatro francese: si tratta di una sorta di fermo immagine a favore degli spettatori, in un momento di particolare tensione, in cui gli attori si bloccano in pose plastiche e ricercate.

Per aumentare l’attrattiva, a volte, si cercava di ricreare ambientazioni esotiche e fantastiche attraverso l’uso di scenari dipinti e costumi appositi (sebbene la veridicità delle promesse sui cartelloni rimanga dubbia, considerata la difficile situazione economica comune a molte compagnie).

Di grande successo erano anche i drammi storici riletti in chiave romanzesca ed esagerata, sempre accompagnati dalla promessa di costumi e scenari appositi. Si tratta di un gusto legato alla passione per le “azioni spettacolose”, allestimenti basati su effetti speciali quali spari a salve, giochi pirotecnici e di luce, scene con numerose comparse rievocanti antiche battaglie.

Anche i grandi romanzi erano adattati per la scena, spesso dividendo l’azione in più parti. De I Promessi Sposi di Manzoni, ad esempio, nel corso dell’Ottocento sono realizzate numerosissime versioni teatrali, tendenzialmente di scarso o comunque non duraturo successo: nella maggioranza dei casi la trama manzoniana viene ridotta alla stregua di un dramma sentimentale ed è vittima di tagli e cambiamenti (soprattutto per quel che riguarda i personaggi religiosi, eliminati o modificati per evitare la censura), sebbene non manchino tentativi di maggior aspirazione letteraria.

La scena sondriese non accoglieva solo drammi, ma anche un altissimo numero di commedie e di farse, graditissime al pubblico. È spesso presente la maschera di Meneghino, apprezzatissima nel primo Ottocento, interpretata anche a Sondrio da attori famosi per questo ruolo.
Enormemente applaudito al Sociale è anche il genere della pièce bien faite, di cui è maestro Eugène Scribe: un intreccio perfettamente costruito trascina il pubblico in una serie di colpi di scena, twist e momenti di suspence che si sovrappongono e si mescolano fino a sciogliersi, come in un perfetto meccanismo, nel finale.